Delicta iuris gentium

Raphael Lemkin

Tuesday, May 25, 2010

Albicocche e melograni

Vorrei presentarvi l'Armenia con l'articolo di Antonia Arslan, una scrittrice italiana di origine armena. Ho avuto la fortuna d'incontrare quella donna straordinaria qualche anno fa. La sua identità armena è cosi forte e profonda che vivendo in Itala parla ad alta volce delle tragedie d'Armenia.
Albicocche e melograni
Parlare d'Armenia, per la gente della diaspora, ha sempre voluto dire immergersi in immagini di sogno, nelle visioni del paese dell'Arca di Noè e della fertile pianura dell'Ararat, vegliata dalle due cime della grande montagna. La, secondo la leggenda, scorrono fiumi di latte e di miele, maturano l'uva dolcissima, le albicocche e i melograni, e il paesaggio aspro e rupestre è ammorbidito dal colore dorato dei tufi colorati e del grano, e reso sacro dalle croci di pietra (i khachkar), che dovunque testimoniano l'attaccamento alla fede cristiana di un popolo, che convertito nel 301 d. C. da Gregorio l'Illuminatore, ne ha fatto il più potente simbolo di identità nazionale.
Ma quelle immagini erano appunto solo sogni: perche' gli armeni in diaspora erano ormai diventati un popolo senza patria, attanagliato per sempre dalla nostalgia per il Paese Perduto sprofondato nella consapevolezza amara di chi sa che nei luoghi dei suoi antenati non potra ritornare mai più, che essi sono anzi per lui un pericoloso tabù, fonte di debolezza straziante e di malinconia.
Durante tutta la storia millenaria il popolo armeno è sopravvissuto a calamita di ogni genere, invasioni, spoliazioni, terremoti, alla caduta della splendida capitale Ani, la ''città dalle 1001 chiese'', ai conquistatori bizantini, persiani, turchiç ma dopo ogni tragico evento sempre le chiese venivano ricostruite, i mercanti ricominciavano a darsi da fare, gli operosi miniaturisti a copiare, nell'antica lingua, i testi della cultura dei padri, cesellando lo splendido alfabeto che il santo Mesrop Mashtots aveva inventato, secondo il cronista, dopo aver visto in sogno un angelo che disegnava in oro i caratteri su una parete.
Su questo popolo che ha saputo resistere, mitemente coraggioso, e fiero della sua identità, si abbatte nel 1915 la tragedia del genocidio, il ''Grande Male'' lo sterminio progettato ed eseguito dal governo dei Giovani Turchi, ben conosciuto dai contemporanei, ma che oggi continua ad essere negato dagli eredi dei responsabili e sepolto sotto una pesante coltre di omissioni e di ambigui silenzi.
Invece, parlarne serve non solo agli armeni, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Oggi, che novant'anni sono passati da quella primavera di sangue, e che esiste di nuovo una nazione armena, i sopravvissuti e i loro discendenti hanno finalmente fatto conoscere al mondo le loro storie, con l'umile volonta di testimoniare la verità e di riscattare dall'oblio un'antica cultura e un'identità negata.
Dal sito ufficiale di Antonia Arslan

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