Delicta iuris gentium

Raphael Lemkin

Monday, November 1, 2010

Chi sono gli Armeni?

Ma prima probabilmente qualcuno si sta anche domandando: Chi sono gli Armeni? e dov’è l’Armenia?

Quindi cominciamo a parlare dell’Armenia, di quella antichissima terra, lontana, dove si trovava il giardino dell’Eden, terra biblica citata nell’Antico Testamento col nome del “Regno di Urartu”.
I Libri scolastici dicono poco o nulla di questo popolo, del popolo dell’Ararat, il Monte dove si posò l’Arca di Noè dopo il diluvio.
Il popolo della croce” perché è nella croce che il popolo armeno si è identificato, così come ricordava Giovanni Paolo II durante l'udienza del 14 settembre del 2000 ai pellegrini del Patriarcato Armeno Cattolico:
Il popolo armeno conosce bene la Croce: la porta incisa nel suo cuore. E’ il simbolo della sua identità, delle tragedie della sua storia e della gloria della sua rinascita dopo ogni evento avverso”.
In questa frase c’è tutta la storia del popolo armeno. Una storia di fedeltà al messaggio evangelico fino al sacrificio. In quella frase c’è tutta la sofferenza del popolo armeno, un popolo con una secolare e gloriosa esistenza, così attaccato alle proprie radici alla propria identità che ha dovuto subire guerre, invasioni, genocidi, ha dovuto lasciare le sue terre, i suoi averi, ha dovuto abbandonare le sue case e le sue chiese, ha attraversato deserti e tempeste, ed è stato sparso in tutto il mondo assaggiando l’amarezza della crudeltà ed appezzando spesso l’amicizia e l’ospitalità di altre popolazioni
Riassumere la storia millenaria degli armeni non è facile, quindi ci limiteremo ad analizzare alcuni aspetti importanti che hanno cambiato in qualche modo il corso della loro storia.
Dov’ è l’Armenia? L’Armenia (in armeno detta anche HAYASTAN che deriva da Hayk che secondo la tradizione è nipote di Noe, eroe progenitore degli armeni), è un paese montuoso con una superficie di 29.800 km2 geograficamente situato nella regione rocciosa del Caucaso circondato da 4 paesi, dalla Georgia a nord, dall’Azerbaigian a est, dall’Iran a sud e dalla Turchia a ovest. Purtroppo non possiede uno sbocco sul mare.
La capitale è Yerevan anticamente chiamata Erepuni, città trimillenaria fondata nel 782 a.C. che si trova a circa 1000 metri d’altitudine, dominata dal Monte Ararat alto 5165 metri. La lingua è l’Armeno, lingua indoeuropea. La moneta è il Dram. La bandiera tricolore è formata dal rosso, blu e arancione
La Religione è il Cristianesimo, con la divisione in ortodossi che sono la maggioranza, cattolici e protestanti.
L’Armenia sin dal 1936 faceva parte delle 16 repubbliche federali della ex Unione sovietica, e nel settembre del 1991 dopo il crollo di quest’ultima dichiarò la propria indipendenza e divenne Repubblica d’Armenia. L’ordinamento politico è retto da un’Assemblea Nazionale ed il capo dello Stato viene eletto a suffragio diretto.
Nel 1988 L’Armenia fu colpita da un terremoto che fece più di 25.000 vittime e lasciò mezzo milione di persone senza tetto, con conseguenze devastanti sull’economia del paese.
Nel frattempo il Nagorno-Karabakh, l'enclave cristiana nell'Azerbaijan musulmano, annesso dai Sovietici all’Azerbegian, votò per l'annessione all'Armenia, perché la 'minoranza' armena dell'80% era vittima di repressioni. Ben presto, quando decine di Armeni vennero uccisi, a Sumgait esplose la violenza. Centinaia di migliaia di Azeri e Armeni che si ritrovarono improvvisamente dalla parte sbagliata della frontiera cominciarono a spostarsi.
Quando l'Unione Sovietica barcollò scoppiarono le battaglie tra le milizie armene e azere e altri armeni vennero massacrati a Baku, la capitale dell'Azerbaijan. L'esercito sovietico riuscì a riprendere il controllo di Baku e a restaurare la sua versione dell'ordine. Nel 1993 l'Armenia controllava oltre un quinto dell'Azerbaijan, compresa buona parte del Nagorno-Karabak. Le parti in guerra firmarono il cessate il fuoco nel 1994 e da allora mantengono una difficile tregua.
La campagna militare diede fondo alle risorse della nuova repubblica, ma la Turchia impose un blocco economico chiudendo le sue frontiere con l’Armenia.
Una buona parte del cuore dell'Armenia storica, tra cui anche il Monte Ararat, si trova oggi in Turchia e l’Armenia attuale non è altro che un quinto del territorio abitato storicamente dagli armeni.
Secondo le ultime stime la popolazione armena ammonterebbe a circa 9-10 milioni nel mondo di cui 3.500.000 in Armenia, 2.000.000 – 2.500.000 in Russia e 4.000.000 – 4.500.000 nella diaspora.
Diaspora formatasi specialmente dopo l’orribile genocidio del 1915, definito dalla Sottocommissione dei Diritti Umani dell'ONU nel 1973 “il I genocidio del XX secolo”, perpetrato dall'allora governo turco, dove trovarono la morte più di un milione e mezzo di armeni, deportati e di seguito sterminati con estrema crudeltà nei deserti della Siria, colpevoli forse di non aver rinnegato la propria identità cristiana.
Genocidio il cui riconoscimento, reclamato dagli armeni sopravissuti, in nome dell’umanità, viene ancora oggi, negato fortemente dalla Turchia e spesso ignorato ed evitato dalle altre potenze per paura di ritorsioni da parte di quest’ultima. Su di esso è imposto oramai da tempo un silenzio inspiegabile, che offende l’animo e la dignità umana.
Gli armeni sono uno dei più antichi popoli civilizzati dell’Asia Occidentale, chiamati dagli storici greci ARMENOY, discendenti di popolazioni indoeuropee giunte verso la fine del VII sec a.C.
Nel periodo pre-cristiano si sono succeduti sul territorio dell’Armenia storica varie occupazioni, con una parentesi di indipendenza sotto il Re Tigran il Grande, fondatore dell’Impero Armeno, ricordato da Cicerone come “colui che fece tremare la Repubblica Romana”. (A questo proposito basta fare una passeggiata in Via dei Fori imperiali e notare nelle 4 cartine che rappresentano l’Impero Romano il nome Armenia.)
Nel 66 a.C. L’Armenia divenne un protettorato romano tant’è che nel 66 d.C. il re Armeno Tiridate I intraprese un viaggio a Roma per essere incoronato da Nerone. In quella occasione Nerone dipinse una sala della Domus Aurea tutta d'oro. Inizia forse qui un’amicizia che durerà a lungo e fino ai giorni odierni, tra il popolo armeno e quello Antico-Romano inizialmente e Italiano poi di seguito.
Tralasceremo i particolari della prima epoca, quella pre-cristiana ed i primi secoli del cristianesimo per arrivare direttamente al IV secolo, all’anno 301. Una data importantissima nella quale avvenne la totale conversione dell’Armenia alla religione cristiana, anzi ci fu la proclamazione del cristianesimo come religione di stato. L’Armenia divenne così il primo popolo cristiano della storia, ancor prima che l’Impero Romano giungesse alla tolleranza ufficiale del Cristianesimo, con l’Editto di Milano nel 313 - e prima dell'Editto di Teodosio (del 380), con cui l'Impero riconobbe il Cristianesimo come religione di Stato.
Va ricordato che il 2001 ha segnato i 1700 anni di fedeltà del popolo armeno al messaggio evangelico e questa ricorrenza è stata celebrata solennemente sia dentro che fuori i confini dell'Armenia. Particolare riguardo ha avuto anche la visita in Armenia di Giovanni Paolo II nel settembre del 2001.
Passiamo ai particolari di questa conversione che ha influenzato in maniera decisiva la vita, le azioni e il destino di questo popolo, fino a diventare parte integrante e radice della sua cultura, “perché ciò che distingue gli armeni”, ha scritto un cronista, “non è la loro razza ma la religione. Toglietegliela e gli avrete tolto la carta d’identità.”
Quindi partiamo da questa data, il 301, dal cristianesimo in Armenia, per arrivare fino ai giorni odierni illustrando alcune date significative e decisive della storia degli Armeni.
La tradizione fa risalire il primo annuncio del Vangelo in Armenia, primo regno nella storia ad aver accolto ufficialmente il cristianesimo, agli apostoli Taddeo e Bartolomeo, ma la conversione della corte armena è dovuta all’apostolato di S. Gregorio l’Illuminatore.
L'impero Romano, in quell’epoca, nella sua espansione ad Oriente aveva soggiogato anche la regione dell'Armenia. Il re Armeno Tiridate III aveva appena riconquistato il trono d'Armenia e, conformemente agli usi dell'epoca, volle rendere omaggio alla dea Anahite, che l'aveva aiutato nella difficile impresa.
Con lui offrirono doni tutti i cortigiani tranne uno, Gregorio, un giovane cresciuto a Cesarea di Cappadocia, accolto nella corte del re, che giunto il suo turno, rifiutò, perché era cristiano.
Allora il re lo torturò per 25 giorni e lo fece gettare in un profondo fosso, “Khor Virap” (cella sotterranea), piena di rettili velenosi, il cui solo nome terrorizzava i criminali più recidivi. Il Santo vi sopravvive invece miracolosamente per 13 anni con l’aiuto di una vedova cristiana.
Il sovrano fu colpito da una strana malattia, che nessuno era in grado di curare. Si narra che la sorella del sovrano, Khosrovitoukhd, udì in sogno una voce che le diceva che solo Gregorio sarebbe stato in grado di guarire il fratello. Allora lo fece uscire dalla sua fossa Khor Virap (dopo 13 anni di reclusione) ed egli guarì il re, il quale si convertì al cristianesimo e si fece battezzare con tutta la sua corte dallo stesso Gregorio.
Animati di zelo per Cristo, il Re e l'Apostolo distrussero tutti i templi pagani e stabilirono i siti delle future Chiese.
Gregorio fu consacrato vescovo, come era di uso allora, in Cesarea di Cappadoccia (oggi Kayseri in Turchia) e si stabilì nella capitale del regno di allora Vagharshapat e vi eresse una cattedrale chiamata Etchmiadzin” che significa “Discesa dell’Unigenito”. Etchmiadzin, che si trova, vicino a Yerevan, odierna capitale dell’Armenia, è ancora oggi la sede del Catholicos di tutti gli Armeni, Capo Supremo della Chiesa Armena Apostolica.
Gregorio è considerato il vero organizzatore della chiesa armena, perciò egli è chiamato LUSAVORIC, l’Illuminatore ed il luogo in cui egli trascorse i 13 anni di prigionia (Khor Virap) è divenuto meta di pellegrinaggi.
A S.Gregorio è dedicata anche una bella e famosa chiesa gotica a Napoli - con la famosa via adiacente - che è la Chiesa di S. Gregorio L’armeno.

Robert Attarian, portavoce del Consiglio per la Comunita' Armena di Roma

gliscritti.it

Tuesday, October 5, 2010

I simboli di un’identità forte come la roccia


Scolpiti nelle mura delle chiese, appoggiati nei cortili dei monasteri, conficcati nel terreno circostante con la faccia rivolta a occidente oppure disseminati ai lati delle strade, ai bordi dei campi, ai crocicchi o sulla cima delle colline: i khachkar, le grandi stele di roccia intagliate con un rilievo ornamentale a forma di croce, di solito circondato da un intricato motivo vegetale, sono una caratteristica onnipresente dei siti cristiani armeni e non è raro vederne decine, ordinatamente disposti lungo il muro esterno di una chiesa, delle più diverse dimensioni e livelli di finitura. Sui più semplici è intagliata solo la croce, ma spesso quest’ultima poggia su un motivo circolare, che rappresenta generalmente il sole, ed è circondata da una o più cornici geometriche o figurative. Con il passare dei secoli, una miriade di altri motivi – intrecci vegetali, uccelli, animali, rosette, palme, fino a vere e proprie scene di battaglia – si sono aggiunte alla rappresentazione centrale della croce.

I primi khachkar risalgono all’VII secolo d. C. e il periodo di massima fioritura di questa forma d’arte unicamente armena viene generalmente collocata nei secoli XII e XIII. A quell’epoca risalgono gli esemplari di khachkar più intricati e complessi, opera in alcuni casi, si dice, di quello stesso architetto Momik che in quegli anni progettava lo spettacolare monastero di Noravank.

Dietro l’erezione di un khachkar potevano esserci i motivi più svariati: dalla commemorazione della costruzione di una chiesa, di una casa o di una fortezza all’inizio di una attività, di un viaggio, di un commercio. La firma di un contratto, l’inizio o la fine di una guerra, così come un miracolo, la bonifica di un nuovo campo o la nomina a un incarico importante; oltre, naturalmente, alla morte di una persona cara, con i khachkar che svolgevano spesso la funzione di cippo funerario. Ogni evento significativo della vita pubblica o privata di una persona o di una comunità poteva essere segnato dalla posa di un khachkar. Caratteristica è la loro collocazione: sempre all’esterno, dove chiunque li possa vedere e fermarsi a rendere loro omaggio. D’altra parte, la posa di un khachkar era un evento religioso con il proprio specifico cerimoniale: per prima cosa la croce di pietra veniva benedetta da un sacerdote, con la lettura della Scrittura, quindi veniva "unta" con il crisma oppure con acqua e vino.

Anche i khachkar, come tutti i simboli della cultura armena, non sono rimasti immuni dalle guerre e dagli sconvolgimenti dei secoli. Fino a qualche decina di anni fa, il più grande "cimitero" di khachkar del mondo era quello di Jugha, nel Nakhichevan, prima di scomparire in quella che è stata descritta come la versione europea della distruzione dei Buddha afghani da parte dei Taliban. Il Nakhichevan è una enclave dell’Azerbaijan incastrata tra l’Armenia e l’Iran, che dai tempi della guerra del Nagorno Karabakh è rimasta sospesa in un limbo: è possibile raggiungerla solo per via aerea dall’Azerbaijan. Il cimitero di khachkar di Jugha risaliva al XIII secolo e sarebbe arrivato a contenere fino a 20 mila croci. La città era stata abbandonata dopo che la popolazione locale era stata trasferita dallo scià di Persia. Gli ultimi viaggiatori armeni a visitare la zona prima della guerra, nel 1987, avevano descritto un cimitero già rovinato dall’incuria del Governo sovietico. Dopo voci contraddittorie sulla distruzione dei khachkar, negate con forza dal Governo azero, un ampio servizio dell’Institute for War and Peace Reporting ha rivelato nel 2006 che il cimitero era completamente scomparso. Gli abitanti del vicino villaggio negavano anzi che ci fosse mai stato un campo di khachkar nei paraggi.

Alessandro Speciale

http://www.paulus.net/


Thursday, September 30, 2010

Tre comunità cristiane per un solo popolo

La Chiesa apostolica armena ricorda con fierezza di essere la prima Chiesa nazionale della cristianità, grazie alla conversione del re Tiridate III, per opera di san Gregorio l’Illuminatore, nei primi anni del IV secolo d. C. (la data tradizionale del 301 è probabilmente errata). Al di là degli eventi miracolosi narrati nella leggenda del santo, la decisione di Tiridate di abbracciare la nuova religione cristiana fu dovuta a un accorto calcolo di equilibrio politico tra le due grandi potenze che all’epoca schiacciavano l’Armena, Roma e la Persia. Tiridate, messo sul trono dall’imperatore Diocleziano, che aveva lanciato numerose persecuzioni dei cristiani, era infatti scettico nei confronti di Gregorio anche perché questi era figlio di Anak, che aveva cospirato per uccidere suo padre. Di qui la decisione di gettare il futuro santo per più di dieci anni nel pozzo di Khor Virap. A far cambiare idea a Tiridate ci fu, con ogni probabilità, la volontà di rafforzare l’unicità della nazione armena di fronte alla potenza di Roma e ai costanti attacchi del regno persiano.

Anche se ufficialmente fondata da san Gregorio, la Chiesa armena traccia le sue origini fino a Taddeo, uno dei Settanta apostoli inviati da Gesù secondo il Vangelo di Luca, che da Edessa sarebbe stato inviato a evangelizzare l’Armenia. La Chiesa apostolica armena partecipò attivamente alla vita della comunità cristiana dei primi secoli, almeno fino al Concilio di Efeso, e solo nel 554 si separò ufficialmente da Roma e Constantinopoli. Tradizionalmente, è considerata una Chiesa monofisita, perché rifiutò le conclusioni del Concilio di Calcedonia sulle "due nature" della persona di Gesù, che si concluse con la condanna del monofisismo. Tuttavia, per descrivere la posizione teologica della propria Chiesa, gli armeni preferiscono parlare di «miafisismo», ovvero la dottrina elaborata da Cirillo di Alessandria per il quale nell’unica natura di Cristo convivono uniti l’umano e il divino.

La Santa Sede di Echmiadzin (che in armeno significa «luogo della discesa dell’Unigenito») è il luogo dove risiede il Catholicos, il capo della Chiesa apostolica armena, successore di San Gregorio. Per motivi storici, tuttavia, alcune delle diocesi armene del mondo rispondono al Catholicossato di Cilicia, erede del regno armeno di Cilicia nato nell’XI secolo. La coesistenza dei due catholicossati, già difficile nelle comunità della diaspora, tanto da portare all’uccisione in chiesa di un arcivescovo fedele a Echmiadzin nel 1933, a New York, divenne ancora più complessa durante la guerra fredda, quando il catholicos di Echmiadzin veniva considerato dalle comunità armene occidentali come al servizio dei sovietici. Oggi, malgrado il fatto che Karekin I – predecessore dell’attuale Catholicos di Echmiadzin – prima della sua elezione in Armenia fosse Catholicos di Cilicia e malgrado l’assenza di differenze dottrinali, la riunificazione tra le due "sedi" della Chiesa armena non è ancora avvenuta.

Dal XVIII secolo esiste anche una Chiesa cattolica armena, formata sotto papa Benedetto XIV: come il catholicossato di Cilicia, anche questa ha la sua sede nell’odierno Libano.

Alessandro Speciale

http://www.stpauls.it/

Monday, August 30, 2010

Ara Zaryan: I khachkar

Interessante e coinvolgente seguire la vicenda "khatchkar". Proprio in questi ultimi tempi, quando sotto gli occhi di tutti, abbiamo assisstito incapaci alla cancellazione di centinaia di bellissime piccole opera d'arte spezzettate e gettate nel fiume Arax ad opera dei militari azeri nel cimiterro armeno di Djughà,la famosa città armena della storica regione di Nakhidjevan attualmente territorio dell'Azerbaigian, si propone di collocare un nuovo khatchkar per commemorare il genocidio degli armeni e a mio avviso, anche il "genocidio" dei khatchkar di Djughà. Con la distruzione del cimitero di Djughà è stata profanata una parte importante della storia degli armeni. Un compito così delicato e
significativo può essere affrontato solo tramite un bando internazionale per l'assegnazione del migliore progetto di un nuovo khatchkar da collocare in
Piazza Armenia a Roma. Questa opera non può essere affidata ad un artista armeno milanese ma deve essere promossa in tutte le comunità armene e in Armenia in
modo di ottenere un opera capace di esprimere tutta la tragedia e la speranza.
Sono convinto che sarà una partecipazione molto sentita e la commissione dovrà esaminare centinaia di progetti. Che vinca il migliore.
Cordiali saluti.
Arà Zarian
http://www.zatik.com/


Wednesday, July 21, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian


Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburg
Urszula Krupa

Signor Presidente, l’odierna discussione sui diritti umani e la democrazia riguarda la salvaguardia del patrimonio culturale del popolo armeno, sul quale grava la minaccia di una totale distruzione. L’Armenia, che ha una popolazione di 4 milioni di persone, è cristiana dal 301 d. C., il che la rende il primo paese cristiano del mondo, fatto comprovato non solo da documenti storici, ma anche dalle migliaia di croci incise nelle pietre tombali, chiamate khatchkar, che sono state distrutte, proprio come sono stati distrutti altri tesori della cultura armena in Azerbaigian, Georgia e Turchia.
I khatchkar, termine che letteralmente contraddistingue croci di pietra aventi un’altezza compresa tra 0,5 e 3,5 metri, erano in basalto. Erano posti su una base cubica e la parte anteriore della stele, recante l’immagine della croce, era disposta in modo da essere rivolta a ovest. Gli armeni ravvisavano nei khatchkar un potere protettivo che li avrebbe salvaguardati dalle catastrofi naturali. Tali strutture, erette per commemorare eventi importanti, fungevano da elementi compositivi nelle costruzioni sacre, ma venivano anche impiegate come steli funerarie, sempre poste ai piedi del defunto.
Di recente è stato distrutto un cimitero a Giulfa, cimitero che risaliva al Medioevo ed era ubicato nella regione controllata dall’Azerbaigian. Lo scandaloso processo di devastazione e distruzione dei monumenti storici armeni è iniziato nel 1998, con l’annientamento di 800 croci di pietra come quelle che ho descritto poc’anzi, e sebbene temporaneamente sospeso dopo le proteste dell’UNESCO, è ripreso nel 2002. E’ probabile peraltro che la deprecabile distruzione del patrimonio culturale armeno stia avvenendo con il beneplacito del governo dell’Azerbaigian, il quale avrebbe inviato unità speciali dell’esercito per distruggere le lapidi recanti le croci armene.
Gli armeni sono perseguitati da secoli, hanno sofferto a causa di guerre, aggressioni e occupazioni, e sono una nazione con un ricco bagaglio di esperienze, sia come nazione che come popolo cristiano. Certo, anche gli azerbaigiani hanno vissuto distruzione e sofferenza, ma va detto con chiarezza che nessun conflitto può giustificare la distruzione del patrimonio culturale, lascito comune di tutta l’umanità.
La cultura è un’espressione di comunicazione tra popoli, di pensieri e azioni condivisi. E’ una conferma dell’umanità ed è un’eredità comune fondamentale per le comunità. Esortiamo dunque al rispetto del nostro lascito comune globale, a prescindere da ogni religione e origine.

Monday, July 12, 2010

Distruzione del patrimonio culturale armeno in Azerbaigian

29 aprile 2010
NTERROGAZIONE SCRITTA di Bart Staes alla Commissione

L’Azerbaigian fa parte dell’UNESCO dal giugno 1992 e, dal 1999, intrattiene un accordo di partenariato e cooperazione anche con l’UE.
A Julfa, nella provincia di Nakhchivan (area di Yernjak), si trova da secoli un cimitero armeno. Sebbene annessa all’Azerbaigian, da secoli questa provincia è abitata da armeni e ospita le loro tombe.
Nel novembre 1998 le autorità azere iniziarono la distruzione del cimitero e l’UNESCO riuscì a frenare questo atto di vandalismo solo in via temporanea. Nel 2005 il cimitero era stato completamente distrutto. Pietre tombali di valore storico sono state fatte a pezzi manualmente e mediante macchinari, e sono state impiegate come materiali edili. All’inizio del mese di marzo 2006 l’intera area è divenuta territorio militare. La riqualificazione di un ex cimitero con migliaia di resti umani dimostra uno scarso valore morale da parte delle autorità azere.
È la Commissione al corrente dell’accaduto? Intende la Commissione, nel quadro dell’accordo di cooperazione, intervenire e chiedere spiegazioni all’Azerbaigian? È la Commissione disposta a sollecitare le autorità azere affinché recuperino tale patrimonio (per esempio riaprendo l’area al pubblico e creando un sito di commemorazione)? Può la Commissione indicare quali provvedimenti possano essere intrapresi e quali iniziative saranno messe in atto affinché simili episodi non si ripetano in futuro?




http://www.europarl.europa.eu/

Friday, July 9, 2010

L'Armenia chiede di espellere l'Azerbaijian dall'UNESCO.

La Commissione per la protezione dei monumenti armeni si è rivolta alla comunità internazionale chiedendo l’invio di truppe in Nakhichevan, Azerbaijan, per preservare i monumenti armeni e garantire la sicurezza degli armeni del nakhichevan che vogliano ritornare nella loro madre patria.
La Com missione ha altresì domandato che sia intrapresa un’indagine nel Nakhichevan, ed a Julfa in particolare, circa il numero dei monumenti storici e culturali.
“noi domandiamo che l’Azerbaijan sia espulso dall’UNESCO e dalle altre organizzazioni internazionali. L’Azerbaijan dovrebbe essere chiamato a rispondere davanti agli organismi internazionali per il fatto che sta organizzando un genocidio culturale”, così si è espresso lo storico Rafael Hambartsumyan, coordinatore della Com missione. (panarmenian)

Distruzione croci armene: Reazioni internazionale

  • I membri del Congresso degli Stati Uniti si sono rivolti al governo dell’Azerbaijan chiedendo la fine delle demolizioni dei secolari katchkar a Giulfa. Secondo quanto riferisce l’ANCA (il comitato nazionale degli armeni d’America), in una dura lettera indirizzata al presidente dell’Azerbaijan, il rappresentante del congresso Adam Schiff ha condannato le azioni azere definendole un’offensiva violazione degli accordi internazionali: “Permettendo, e quindi incoraggiando, questi atti, la repubblica dell’Azerbaijan disonora non solo i morti sepolti al cimitero, ma lo stesso Azerbaijan ed il popolo azero”.
  • La Baronessa Caroline Cox e John Marx hanno presentato una interpellanza scritta alla Camera dei Lords Britannica chiedendo al governo inglese di esaminare con i rappresentanti dell' Unesco la questione della distruzione delle opere d'arti.

http://www.comunitaarmena.it/

Tuesday, July 6, 2010

Testo integrale della risoluzione del Parlamento europeo sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Il Parlamento europeo ,
– viste le sue risoluzioni del 9 giugno 2005(1) e del 27 ottobre 2005 sull'Azerbaigian(2)
– vista la sua risoluzione del 19 gennaio 2006 sulla politica europea di prossimità(3) ,
– viste le sue precedenti risoluzioni sul Caucaso meridionale, in particolare quella dell'11 marzo 1999 sull'appoggio al processo di pace nel Caucaso(4) , e la raccomandazione al Consiglio del 26 febbraio 2004 sulla politica dell'UE nei confronti del Caucaso meridionale(5) ,
– vista la decisione presa dal Consiglio il 14 giugno 2004 di includere sia l'Armenia che l'Azerbaigian nella politica europea di vicinato, in particolare allo scopo di promuovere relazioni di buon vicinato, soprattutto attraverso il rispetto delle minoranze,
– visti gli obblighi che incombono all'Azerbaigian e all'Armenia nell'ambito del Consiglio d'Europa, in particolare in forza della Convenzione culturale europea, della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico (rivista) e della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali, che i due paesi hanno ratificato e si sono impegnati a rispettare,
– visti la Convenzione dell'Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (UNESCO) e il relativo protocollo, anch'esso del 1954, sottoscritti sia dall'Armenia che dall'Azerbaigian, i quali si applicano ai territori occupati,
– vista la dichiarazione dell'UNESCO del 2003 concernente la distruzione intenzionale del patrimonio culturale, con la quale la comunità internazionale riconosce l'importanza della protezione del patrimonio culturale e ribadisce il suo impegno a lottare contro qualsiasi forma di distruzione intenzionale di tale patrimonio, affinché esso possa essere trasmesso alle generazioni future,
– viste la relazione dell'ICOMOS(6) e la relazione interlocutoria sulla libertà di culto e di religione della commissione per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite(7) ,
– visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che, stando a quanto asserito dall'Armenia, nel novembre 1998 e nel dicembre 2002 il cimitero armeno di Giulfa, nella regione di Nakhichevan, sarebbe stato oggetto di campagne di distruzione ad opera delle forze azere; considerando che l'ultima distruzione è avvenuta nel dicembre 2005, come dimostra un recente video girato dalle autorità armene,
B. considerando che vi sono state numerose reazioni a questi eventi da parte della comunità internazionale; che l'Azerbaigian non ha dato risposta alle richieste di informazioni presentate da Abdelfattah Amor, ex relatore speciale delle Nazioni Unite, relativamente agli avvenimenti del novembre 1998 e del dicembre 2002,
C. considerando che sono state formulate gravi accuse nei confronti delle autorità azere, che sarebbero state coinvolte nella distruzione di questi monumenti,
D. sottolineando il carattere eccezionale del cimitero di Giulfa, che accoglieva ancora 6.000 "khatchkar" – croci scolpite in pietra, tipiche dell'arte religiosa armena – che sono testimonianza della varietà etnica e culturale della regione,
E. considerando che la distruzione o profanazione di qualsiasi monumento o oggetto appartenente al patrimonio culturale, religioso o nazionale viola i principi dell'Unione europea,
F. considerando che la distruzione avviene nel contesto del "conflitto congelato" tra l'Armenia e l'Azerbaigian sul territorio dell'Alto Karabakh,
G. considerando che i negoziati sull'Alto Karabakh potrebbero concludersi positivamente in un prossimo futuro e che potrebbe essere trovato un accordo sui principi della soluzione del conflitto, malgrado l'incontro di Rambouillet tra i presidenti di Armenia e Azerbaigian avvenuto il 10 e 11 febbraio 2006, sia risultato improduttivo,
H. ricordando che la politica europea di prossimità mira ad instaurare un partenariato privilegiato con l'Azerbaigian e l'Armenia sulla base di valori comuni, che comprendono il rispetto delle minoranze e del loro patrimonio culturale,
1. condanna fermamente la distruzione del cimitero di Giulfa come pure la distruzione di tutti i siti d'importanza storica in territorio armeno o azero, e condanna qualsiasi azione analoga che miri a distruggere il patrimonio culturale di un popolo;
2. invita il Consiglio e la Commissione a fare chiaramente presente ai governi dell'Armenia e dell'Azerbaigian che devono esplicare ogni possibile sforzo per porre fine alla pratica della pulizia etnica che ha provocato tali distruzioni, e per trovare soluzioni intese a facilitare il ritorno graduale dei profughi e degli sfollati;
3. esige che i governi dell'Azerbaigian e dell'Armenia rispettino i loro impegni internazionali – segnatamente per quanto riguarda il patrimonio culturale – e in particolare quelli derivanti dalla loro adesione al Consiglio d'Europa e dall'integrazione nella politica europea di prossimità;
4. sottolinea che il rispetto dei diritti delle minoranze, compreso il patrimonio storico, religioso e culturale, è una condizione per un autentico ed efficace sviluppo della politica europea di vicinato, che deve condurre anche all'instaurazione di relazioni di buon vicinato tra tutti i paesi interessati;
5. chiede che l'Azerbaigian autorizzi sul suo territorio missioni di studio e di protezione del patrimonio archeologico, in particolare di quello armeno, realizzate ad esempio da esperti operanti nel quadro dell'ICOMOS, e autorizzi anche una delegazione del Parlamento europeo a visitare il sito archeologico di Giulfa;
6. invita i governi dell'Armenia e dell'Azerbaigian a rispettare i loro impegni internazionali, in particolare nel settore della cultura e della salvaguardia del patrimonio culturale, impegni che hanno assunto nell'ambito della loro partecipazione a organizzazioni internazionali come l'UNESCO e il Consiglio d'Europa, e li invita ad adoperarsi a fondo per proteggere il patrimonio archeologico, storico e culturale presente sul loro territorio, onde evitare la distruzione di altri siti in pericolo;
7. invita la Commissione e il Consiglio ad inserire una clausola relativa alla protezione degli inestimabili siti archeologici o storici presenti in questi territori nei piani d'azione attualmente in corso di discussione nel quadro della politica europea di vicinato;
8. invita la Commissione ed il Consiglio a subordinare l'attuazione dei piani d'azione della politica europea di vicinato al rispetto, da parte dell'Azerbaigian e dell'Armenia, di principi universalmente riconosciuti, in particolare dei loro obblighi, in quanto membri del Consiglio d'Europa, in relazione ai diritti umani e delle minoranze; invita la Commissione e il Consiglio ad inserire nei piani d'azione disposizioni specifiche riguardanti la protezione del patrimonio culturale delle minoranze;
9. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai parlamenti e ai governi nazionali degli Stati membri, al governo e al Presidente dell'Armenia, al governo e al Presidente dell'Azerbaigian nonché alle Assemblee parlamentari dell'OSCE e del Consiglio d'Europa, al Direttore generale dell'UNESCO e al Segretario generale delle Nazioni Unite.

http://www.comunitaarmena.it/

Distruzione di Giugha:Il Parlamento Europeo condanna l’Azerbaigian 16.02.06

Il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione d’urgenza (con 85 voti a favore e 5 contrari) dedicata specificatamente alla distruzione da parte dell’Azerbaigian delll’eccezionale sito armeno di Djoulfa (in Nakhitcevan).
Questa risoluzione considera che delle : “serie asserzioni chiamano in causa il coinvolgimento delle autorità azere in queste distruzioni” e che “ l’Azerbaigian non è stata capace di fornire spiegazioni [.] al relatore speciale dell’ONU.
Di conseguenza il Parlamento Europeo “condanna fermamente la distruzione del cimitero di Djoulfa” e domanda all’Azerbaigian di autorizzare delle missione dedite alla sorveglianza e la protezione del patrimonio archeologico che si trova sul proprio territorio ed in particolare quello armeno. Chiede inoltre all’Azerbaigian di “permettere ad una delegazione del Parlamento Europeo a visitare il sito archeologico di Djoulfa”.

Sunday, July 4, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Martine Roure

Signor Presidente, la cittadina di Giulfa in Azerbaigian è sede di un importante cimitero armeno unico dal punto di vista architettonico, cimitero che testimonia la storia di una regione in cui, fino al primo quarto del XX secolo, più dell’80 per cento degli abitanti era armeno. Il sito era stato abbandonato all’epoca sovietica e, nel 1998, le autorità locali hanno iniziato a distruggerlo. Allora, l’UNESCO si risentì notevolmente per tale decisione, risentimento che sfociò in una temporanea sospensione dell’intervento dei bulldozer. L’UNESCO è peraltro in contatto con le autorità competenti affinché proteggano tale patrimonio, poiché il danno arrecato al sito cimiteriale è stato molto grave.
Elementi di prova e recenti testimonianze oculari tenderebbero a confermare il sospetto che l’opera di distruzione sia ripresa nel dicembre 2005. Dovremmo dunque esortare quanto prima l’Azerbaigian a permettere che una missione si rechi sul luogo al fine di valutare le misure necessarie, nell’immediato e a medio termine, per preservare il sito, così ricco di storia e, cosa più importante, di ricordi e cultura che costituiscono il patrimonio di un popolo.

Friday, July 2, 2010

La risposta dell'Ambasciatore Armeno Dr. Rouben Shugarian

Il governo armeno ha protestato

Mi permetto di esprimere i miei più sentiti complimenti per l'arti­colo di Flavia Amabile «I soldati dell'Azerbajian stanno distrug­gendo le steli degli antichi cimite­ri». Il governo della Repubblica d'Armenia ha protestato ufficial­mente attraverso le competenti sedi internazionali esprimendo sdegno e sconcerto per questi atti incresciosi. Come ha indica­to Vartan Oskanian, il nostro ministro degli Affari Esteri, nella lettera che ha inviato al direttore generale dell'Unesco: «Quest’ area, situata tra l'Armenia e l'Iran, è stata considerata casa per una grande maggioranza di generazioni di armeni. Il cimite­ro in questione conservava più di diecimila croci di pietra - khachkar, il governo azero ha iniziato la sistematica distruzio­ne di esso fin dal ventesimo secolo, e ha continuato a farlo con forza nel 2002 e nel corso di questi ultimi tre giorni ha conti­nuato questo lavoro con una violenza inaudita - per tentare di cancellare le tracce della presen­za armena in queste terre».
Per questo grave fatto, ultimo di una lunga triste serie, è inter­venuto anche il Parlamento Euro­peo, il Congresso degli Stati Uni­ti, e la Camera dei Lord, che hanno chiesto al governo azero di porre immediatamente fine a questa incresciosa barbarie.
Rouben Shougarian
ambasciatore della Repubblica
d'Armenia in Italia

Thursday, July 1, 2010

La Stampa 30.01.06 - Distruzione dei Khachkar a Giulfa!!!

A seguito dell'articolo sulla distruzione dei Khachkar nel cimitero di Giulfa, pubblicato in data 23.01.06 su "La Stampa" l'Ambasciata della Repubblica Azera ha reagito con una lettera di protesta.

I soldati dell'Azerbaigian e le steli distrutte

Siamo spiacenti che l'articolo «I soldati dell'Azerbaigian stanno distruggendo le steli degli anti­chi cimiteri» pubblicato il 23 gennaio sia stato scritto senza verificare le origini dell'informazione.
L'opinione dei membri filo-ar­meno del Congresso degli Stati Uniti, della Baronessa Caroline Cocs e Jon Marks - famosi perso­naggi promotori degli interessi armeni - sono basate su video che mostrano la demolizione di qualche pietra di misura media da parte di alcune persone scono­sciute. Sulle pietre non ci sono croci e non è visibile l'apparte­nenza di loro ad alcuna nazione. In base a immagini video di questo genere si potrebbe muove­re qualsiasi accusa verso qualun­que persona.
Ambasciata della Repubblica di Azerbaigian in Italia


La replica della giornalista Flavia Amabile autrice dell'articolo

Comprendo la necessità di difender­si da parte dell'ambasciata dell'Azer­baigian. Mi sembra però poco fonda­ta una smentita basata sul fatto che la denuncia venga da «membri filo­-armeni». E da chi, altrimenti? Dai nemici degli armeni dovrebbero esse­re avanzate denunce a livello inter­nazionale? Figurarsi! Quanto alle accuse di falsificare le foto e le notizie, il mio dovere è riferire alla pubblica opinione italiana dell'esi­stenza di documenti che sono al vaglio dell' Unesco e del Parlamento Europeo. Sulla loro autenticità lascio che sia l'ambasciata della Repub­blica d'Armenia a rispondere, [f.a].

Saturday, June 26, 2010

GENOCIDIO CULTURALE

La mia rabbia mi ha fatto scrivere questo articolo. La rabbia contro l'ingiustizia, contro il crimine e contro l'ignoranza e l'indifferenza e finalmente contro la violazione dei diritti umani... Solo nel 2005 e non nel 1915, di giorno, davanti agli occhi di tutti paesi cosi detti "civili" e ''cristiani" i turchi dell'Azerbaijan hanno comesso genocidio culturale.

Questo vandalismo senz'altro è genocidio culturale: profanazione dei simboli religiosi, profanazione dell'antichissimo patrimonio culturale, annientamento delle opere dell'arte unica, mancanza di rispetto verso i morti, tentativo disperato di eliminare tutta l'evidenza della crimine terrificante, tentativo disprezzevole di appropriarsi della terra che appartiene algli altri, un atto selvaggio da vigliacco, continuazione del genocidio armeno, la prova irrefutabile del genocidio armeno. E oggi come reagisce l'Europa? Proprio oggi ho saputo che l'Azerbaijan è stato eletto il membro del Comitato del patrimonio culturale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. E questo subito dopo il GENOCIDIO CULTURALE contro il patrimonio armeno. E ora l'Azerbaijan con le sue mani sanguinose comincierà a proteggere il patrimonio mondiale? Ne dubito tanto...Tutto questo succede perche' i demoralizzati ufficiali europei sono pronti a vendere il loro patrimonio culturale per qualche euro ai turchi musulmani. Dopo questo posso solo dire che l'avarizia e la corruzione europea avrà la stessa fortuna dell'Impero Bizantino...

Friday, June 25, 2010

Il Consiglio per la Comunità armena di Roma:GENOCIDIO CULTURALE


La lettera del 22.12.06 inviata alla Commissione nazionale italiana per l’UNESCO

Spettabile
COMMISSIONE NAZIONALE ITALIANA PER L’UNESCO.
PREMESSO CHE
nel sito archeologico di Giulfa (Djulfa, Julfa) nel territorio armeno nel Nakhchivan, ora sotto controllo politico dell’Azerbaijan,sulla sponda settentrionale del fiume Arax, al confine con l’Iran, è presente un vasto insediamento di Katchkar (croci di pietra armene);
le stesse, raccolte in ambito cimiteriale, in numero superiore ai dodicimila, sono state erette in varie epoche storiche , tra il dodicesimo ed il diciassettesimo secolo ;
rappresentano un altissimo esempio di testimonianza architettonica, religiosa, culturale e della storica presenza armena nella regione;
sono state oggetto, in passato e soprattutto nel 2002, e di sistematiche e mirate distruzioni da parte dei militari azeri di stanza nella zona, finalizzate alla progressiva soppressione di ogni traccia del passato armeno;
a seguito di tali vandalismi , sono rimaste in piedi non più di duemila croci , molte delle quali lesionate;
già l’UNESCO era dovuto intervenire, nel 2003, per bloccare tali azioni.


CONSIDERATO CHE

come da denuncia delle diocesi armene in Iran, si devono segnalare nuovi e gravi episodi di vandalismo (documentati fotograficamente) che hanno visto protagonisti soldati dell’Azerbaijan intenti a distruggere ulteriori kachkars nel cimitero armeno;

continua imperterrita l’attività di genocidio culturale messo in atto dalle autorità di quel paese..
SI INVITA

Codesta commissione a farsi da tramite con l’UNESCO e gli altri organismi internazionali eventualmente interessati, perché – nel rispetto del patrimonio storico, culturale e religioso armeno - intervengano presso le autorità dell’Azerbaijan e impongano l’immediata cessazione di ogni atto di distruzione.
Roma, 22.12.05

Consiglio per la Comunità armena di Roma

Wednesday, June 23, 2010

Comunicato Stampa: Fermiamo la distruzione delle croci armene!

Il Consiglio per la Comunità armena di Roma rende noto di aver rivolto un appello in data 22.12.05 alla COMMISSIONE NAZIONALE ITALIANA PER L’UNESCO affinché si adoperi, per tramite dell’Unesco e degli altri organismi internazionali eventualmente interessati, per far cessare le attività di distruzione e vandalismo poste in essere da militari azeri nel sito archeologico di Giulfa.

Non sono infatti venute meno le segnalazioni di scempio delle croci di pietra armene (katchkar) del cimitero armeno, nonostante gli appelli internazionali e le promesse del governo di Baku.

Delle dodicimila steli litiche, innalzate tra il tredicesimo ed il diciassettesimo secolo, con funzione commemorativa, celebrativa e funeraria, considerate fra le manifestazioni più originali della cultura e del costume religioso dell’Armenia medioevale, ne rimangono ormai poche centinaia, in precarie condizioni.

Il mondo civile, che non ha mai esitato a ergersi paladino del rispetto e della dignità della memoria di un popolo (come, ad esempio, per il caso delle statue di Bhudda abbattute in Afghanistan dal regime talebano), deve esprimere ferma condanna verso l’attività di distruzione compiuta dal governo azero nel sito medievale armeno.
Comunità Armena di Roma

Saturday, June 19, 2010

Lettera aperta: Genocidio Culturale

Saturday, January 28, 2006


Noi, rappresentanti della societa’ civile armena, con profondo dolore e disgusto abbiamo appreso che alcune decine di soldati azerbaigiani, armati di martelli, vanghe e ruspe, si sono introdotti nel cimitero armeno di “Vecchia Giuga” nella provincia del Nachigevan in Azerbaigian, e hanno sistematicamente distrutto gli “khatchkar”, monumenti armeni medioevali unici, insieme con le relative lapidi e tombe, che fino ad ora erano stati preservati in quest’angolo dell’Armenia storica. In considerazione del fatto che gli “khatchkar” di Giuga (Giulfa) sono parte non solo della civilta’ armena, ma anche di quella mondiale, sotto la protezione dell’UNESCO, ci appelliamo all’opinione pubblica mondiale affinche’ rivolga la sua attenzione a questo atto vandalico perpetrato contro il comune patrimonio culturale dell’umanita’.
Mentre le organizzazioni internazionali si sforzano di proseguire nell’opera di risoluzione del conflitto tra i due popoli, questo atto vandalico, commesso con l’approvazione delle alte autorita’ di Baku, dimostra ancora una volta in maniera evidente le reali intenzioni del Governo azerbaigiano, vale a dire perpetrare pulizie etniche contro la popolazione armena autoctona del Nachigevan, attraverso il genocidio culturale e la distruzione delle vestigia culturali armene, proprio in questa parte della patria storica degli Armeni. L’Azerbaigian ha ripetutamente commesso atti simili di vandalismo e di armenofobia durante l’intero periodo del regime comunista, per settanta anni gli “khatchkar” armeni sono stati sistematicamente distrutti o rimossi dalle loro sedi originarie. Dopo la conquista dell’indipendenza, l’Azerbaigian ha proseguito con rinnovato vigore nell’opera di cancellazione delle tracce di presenza armena dal suo territorio. Nel 2002, grazie agli sforzi congiunti di Armenia e UNESCO si era riusciti a fermare la distruzione degli “khatchkar” di Giuga (Giulfa). Ma l’Azerbaigian prosegue nella sua politica di genocidio culturale, violando pesantemente i propri impegni presi di fronte all’UNESCO. E particolare sgomento suscita il fatto che, a condanna delle azioni del Governo del proprio Paese, in tutto l’Azerbaigian non si sia levata la voce di nessuna organizzazione sociale, di nessun esponente culturale. Un tale cinismo ed una tale indifferenza dell’opinione pubblica azerbaigiana nei confronti di un monumento medioevale unico nel suo genere, non puo’ che risvegliare in noi repulsione.In tali condizioni di istigazione all’odio per tutto cio’ che abbia origine armena, non si puo’ nemmeno porre la questione della fiducia nei confronti dell’Azerbaigian e del suo popolo. E ogni richiamo alla pacificazione tra i due popoli che voglia far leva sulla diplomazia popolare suona scorretto e cinico.
Con la presente lettera ci rivolgiamo alle organizzazioni internazionali, ai rappresentanti culturali, alle persone di ogni nazionalita’ perche’ condannino pubblicamente tale atto barbarico perpetrato dalle autorita’ dell’Azerbaigian contro il cimitero armeno di Giuga (Giulfa) nel Nachigevan. Chiediamo all’UNESCO e alle altre organizzazioni internazionali di collaborare al trasferimento dei resti degli “khatchkar” sul territorio armeno, dove finalmente potranno essere difesi da tali aggressioni barbariche.E ci rivolgiamo finanche alla parte piu’ ragionevole del popolo azerbaigiano affinche’ si riscuota e rivolga la propria attenzione a questi eventi, affinche’ li condanni ed esorti il proprio Governo ad interrompere immediatamente questa barbarie.


Friday, June 18, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Ioannis Kasoulides

Signor Presidente, per gli armeni – vittime del genocidio e dell’espulsione massiccia dalle terre natie – testimoniare la distruzione del proprio patrimonio culturale è forse l’ultimo capitolo del loro totale sradicamento. “Non sta accadendo nulla”, dicono le autorità azerbaigiane. Io so che non c’è fumo senza incendio. Questo diniego assoluto mi ricorda la negazione totale del fatto che il genocidio sia mai avvenuto, asserendo che si tratta di una finzione della fantasia armena.
In uno scambio di messaggi di posta elettronica, il consulente per gli affari politici dell’ambasciata azerbaigiana mi ha scritto, e cito, “non possiamo escludere che alcuni contadini poveri di livello culturale pari alla loro condizione possano segretamente utilizzare le pietre sottratte al cimitero per realizzare costruzioni o altre opere correlate”.
Non so per certo chi siano gli autori di tali atti, ma non ho dubbi quanto al fatto che la responsabilità di tutelare l’integrità di tali monumenti sia azerbaigiana al 100 per cento.

Wednesday, June 16, 2010

Un esempio tipico di ''creatività" turca


Ottobre 2006

Denunciata la distruzione delle icone di Cipro da parte turca ...e la distruzione delle croci del Caucaso

Nella seconda settimana di luglio, il Parlamento Europeo ha emesso una dichiarazione Sulla tutela del patrimonio religioso nella parte nord dell’isola di Cipro. Essa denuncia che, nella zona di Cipro occupata dalla Turchia, continuano la profanazioni e distruzioni delle chiese cristiane (oltre 100 negli ultimi tempi) e la scomparsa delle sacre icone (oltre 15.000). Il Parlamento invita quindi la Commissione e il Consiglio europei ad «adottare tutte le misure necessarie per garantire il rispetto del trattato e la protezione degli edifici di culto, nonché il ripristino della loro condizione originaria».
La dichiarazione ricorda che dal 1974, ossia da quando il nord di Cipro è stato occupato dall’esercito turco, quasi tutte le chiese cristiane sono state distrutte o saccheggiate o trasformate in moschee, alberghi e stalle. La comunità cattolica della zona ha subìto un’ancor più dura persecuzione e la maggioranza di essa ha dovuto emigrare nella parte dell’isola rimasta alla Grecia; come ha dichiarato Antonio Chatzirousos, deputato maronita nel Parlamento della Repubblica greco-cipriota, «l’esercito turco ha distrutto o confiscato le loro proprietà ed occupa stabilmente la maggior parte di scuole e chiese, ridotte a quartieri militari e dichiarate inaccessibili». Tutto questo è avvenuto nella sostanziale indifferenza della comunità internazionale.
Contemporaneamente, il Parlamento Europeo ha denunciato un altro caso di distruzione del patrimonio artistico cristiano: quello delle antiche croci-pietre (khatckar) armene del Caucaso. Delle circa 12.000 khatckar esistenti, se ne sono salvati solo 200; per giunta, nel gennaio scorso, le truppe dell’Azerbaigian hanno spianato il terreno della zona distruggendo altre testimonianze artistiche dell’antica fede cristiana.
La distruzione dei khatckar è avvenuta soprattutto nel Nakhicevan, provincia caucasica situata al confine con l’Iran, abitata da etnie sia cristiane che islamiche e inglobata da Stalin nella repubblica dell’Azerbaigian. Questa repubblica è da tempo governata dalla famiglia Aliyev, ieri in qualità della sua militanza comunista ed oggi in qualità della sua ricuperata fede islamica sciita, che la rende amica dell’Iran (cfr. “Avvenire”, 12 luglio 2006).
Queste khatckar sono steli votive rettangolari, piantate in terra, che contengono raffigurata a bassorilievo una Croce, a volte con l’effigie di Cristo, corredata da scene bibliche o da versetti evangelici scritti in armeno antico. Si tratta di preziose testimonianze artistiche della fede cristiana, risalenti soprattutto ai secoli XV e XVI, quando la comunità armena abitava la regione caucasica, prima di essere in parte esiliata e dispersa a causa delle feroci persecuzioni scatenate dapprima dagli iraniani, poi dai turchi e infine dai russi.
Distruggere le khatckar significa aggiungere al genocidio del sangue armeno quello della memoria storica dell’antica fede cristiana del Caucaso.

Monday, June 14, 2010

Agenzia Radicale: Genocidio Culturale

Cos' è un Khatckar? Si tratta - ha scritto su Libero Caterina Maniaci il 5 ottobre scorso - di una croce in pietra, innal­zata dagli armeni vicino alle chiese, ai monasteri o nei cimiteri. Croci sacre, perché sacra è la stessa pie­tra, che diventa oggetto di venerazione e di cul­to. Se ne ricorda uno molto bello, che si trova nell'isola di San Lazzaro degli armeni, a Venezia.
San Lazzaro è una piccola isola nella laguna veneziana, che si trova immediata­mente ad ovest del Lido, completamente occu­pata da un monastero che è la casa madre del­l' ordine dei Mekhitaristi. L'isola è uno dei pri­mi centri del mondo di cultura armena. E pro­prio all'ingresso del monastero si trova una bellissima croce in pietra. Un simbolo millena­rio della grande e tragica storia armena, che nel nostro tempo subisce un nuovo colpo.
In Azerbaijan si è perpetrata la distruzione siste­matica di queste croci. Un sacrilegio, oltreché un'atto vandalico contro monumenti storici di grande bellezza, che si è scatenato soprattutto a Giulfa, antica città armena oggi nell'Azerbaijan, in una regione che si dice sia stata fon­data da Noè, Con ritardo, ma anche il Parla­mento europeo l'anno scorso ha levato la propria voce contro questo scempio. Ora a Roma, proprio nel suo "cuore" storico, si eleverà un so­litario Khatckar, e forse questo gesto ripaga un poco del dolore e dell'amarezza provocati dal­l' insensatezza umana laggiù, nella culla dell'antica Armenia colma di ferite.


Due khachkar salvati di Giugha

http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=1128&Itemid=77

Friday, June 11, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Marcin Libicki

Signor Presidente, non vi è dubbio quanto al fatto che tutti i monumenti storici nel mondo facciano parte del nostro patrimonio comune e non dovrebbero essere vittime di circostanze politiche o, soprattutto, guerre.
Vi sarei grato se mi lasciaste raccontare un aneddoto personale. Quando mi sono recato in Armenia qualche anno fa e ho avuto modo di vedere tutti i monumenti e le chiese sopravvissuti sino ad oggi dall’inizio del Medioevo, mi è tornata in mente una mia precedente visita in Spagna, all’altro capo del mondo cristiano, un migliaio di chilometri a ovest. Sono rimasto impressionato da quanto fossero simili i monumenti nelle due regioni.
Erano tutti monumenti risalenti alla cultura del primo Medioevo. Noi siamo responsabili di tutti i monumenti del mondo. Nondimeno, i monumenti europei che testimoniano il passato culturale e l’unità dell’Europa dovrebbero starci particolarmente a cuore, si trovino essi nella remota parte orientale dell’Armenia, ai confini occidentali della Spagna o in qualunque altro luogo tra i due.
Mi pare che gli eventi ai quali ora stiamo assistendo siano particolarmente angoscianti perché i monumenti distrutti sono più di una semplice parte del patrimonio europeo. Appartengono infatti a tutto il mondo, e la responsabilità dell’Azerbaigian risulta del tutto evidente se, come affermava poc’anzi l’onorevole Tannock, ci domandiamo perché gli azerbaigiani non consentano ad alcuno di visitare tali luoghi e valutare sul posto l’entità dei danni. Fortunatamente, sappiamo ciò che è accaduto a seguito delle barbare decisioni prese dagli uomini al potere nella regione e disponiamo di prove filmate dei danni.
Dobbiamo adottare la presente risoluzione vigilando poi su ciò che accade. I passi da compiere non possono limitarsi alle parole, per quanto nobili siano. Alle parole devono seguire azioni e ci aspettiamo che l’Azerbaigian agisca.

GENOCIDIO CULTURALE

http://tsirani.blogspot.com/

Thursday, June 10, 2010

Orrore! Dopo i Buddha di Bamian il Cimitero di Jugha.



Dopo i Budda di Bamian, distrutti dai talebani nel 2001, ora un altro monumento di valore indicibile, il Cimitero Armeno di Jugha, che oggi si trova in Azerbajian, e' stato fatto sparire dalla faccia della terra.L'Institute for war and peace reporting che ha visitato l'antica localita' armena ha dovuto ammettere che non vi e' piu' traccia del famoso cimitero cristiano.Le pietre tombali del cimitero, vero e proprio capolavoro d'arte medievale, erano tutte egregiamente scolpite ed erette una accanto all'altra tanto da dare l'impressione, visto dall'alto, di reggimenti schierati e coperti. Le croci scolpite nella pietra erano cosi' numerose da ricoprire due colline adiacenti. Di queste pietre tombali, che gli Armeni chiamano “khachkars”, ve ne erano circa 2000 negli anni '80.Lo storico Argam Aivazian, il piu' grande esperto di monumenti armeni del Nakhichevan, riferisce che Jugha era l'unico monumento d'arte medievale e il piu' grande cimitero armeno in esistenza.Gli Armeni accusano gli Azeri di un atto deliberatamente vandalico.

Il Parlamento Europeo, l 'Unesco e la Camera dei Lords inglese vogliono far luce su questo accaduto. Una delegazione del Parlamento Europeo che si trova in visita nel sud del Caucaso non ha potuto ancora avere accesso all'area del cimitero.Se gli osservatori internazionali confermeranno che il cimitero e' stato distrutto si teme che le tensioni tra Armenia ed Azerbajian diverranno impossibili da controllare.Mentre dal lato azero continuano le patetiche smentite, col Presidente Aliev che con tono minaccioso dichiara che quelle armene sono "bugie e provocazioni", dall'altro comincia a trasparire qualche notizia che conferma la veridicita' dei fatti.Se verra' confermata la distruzione di un'opera d'arte cosi' importante, i due Paesi, che fino a qualche tempo fa si combattevano nel Nagorny Karabkah, non ci penseranno due volte prima di riprendere una guerra che e' finita solo all'apparenza.

Wednesday, June 9, 2010

Soldati dell'Azerbaijan distruggono cimitero cristiano armeno


Dopo il genocidio, anche la cancellazione culturale degli Armeni

Un associazione per la difesa dei diritti umani, con sede in Washington DC (USA), denominato International Cristian Concern (ICC) www.persecution.org , ha informato che il governo dell'Azerbaijan ha distrutto un preziosissimo cimitero cristiano armeno medievale nella regione di Djulfa di Nakhichevan.
Questo atto di "pulizia culturale" è il proseguimento del genocidio armeno, ed è un tentativo dei Paesi musulmani di quella regione di cancellare la memoria di una cultura cristiana prospera che è esistita nella zona del Caucaso dal IV° secolo d.C. Questa atrocità è allo stesso livello della distruzione delle statue del Buddha da parte dei Talebani e delle dissacrazioni dei cimiteri ebraici compiute in Europa. Non risulta che i governi occidentali abbiano protestato.
A metà dicembre 2005, circa 200 soldati armeni sono stati ripresi in un videotape intenti a distruggere con mazze un luogo sacro della Chiesa Apostolica Armena. Il cimitero risaliva al VII° secolo d.C. ed è stato distrutto per sempre, come segno di odio verso gli Armeni e la presenza cristiana in quest'area.
Dopo il genocidio del 1915, nel quale circa 1.500.000 Armenisono stati sterminati (insieme a Greci e Cristiani Siriani), l'Azerbaijan e la Turchia hanno cercato sistematicamente di sradicare la memoria della presenza cristiana nel Caucaso e in Anatolia. La tradizione suggerisce che l'evangelizzazione degli Armeni risalga agli apostoli Taddeo e Bartolomeo e il Cristianesimo ebbe successo prima che a Roma.

http://kattolikamente.splinder.com/archive/2006-01

Monday, June 7, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Charles Tannock

Signor Presidente, la presunta devastazione, nel dicembre 2005, del cimitero medievale armeno di Giulfa – noto anche storicamente come Jugha – con la distruzione di molti khatchkar, splendide steli funerarie incise, rappresenta una grave profanazione del patrimonio cristiano europeo.
Secondo quanto affermato dal governo azerbaigiano, il filmato che documenta tale scempio è propaganda armena fraudolenta. Io invece ho ricevuto una conferma indipendente da un architetto britannico, Steven Sim, esperto della regione, che assicura che il filmato è vero . Inoltre, se non vi è stata distruzione, perché gli azerbaigiani negano la possibilità di visitare i luoghi, sostenendo peraltro, cosa alquanto bizzarra, che l’atto potrebbe essere stato compiuto da saccheggiatori in cerca di materia prima per eseguire lavori di costruzione?
Steven Sim ha ribadito che per raggiungere il cimitero occorre attraversare il territorio controllato dall’esercito azerbaigiano, il che è praticamente impossibile senza sostegno ufficiale e palesemente viola il loro dovere di assicurare la protezione del sito.
L’ambasciata azerbaigiana mi ha anche informato che tale distruzione non è nulla a confronto della distruzione di alcune moschee azerbaigiane, e ho effettivamente ricevuto fotografie di moschee distrutte. E’ innegabile il fatto che nel 1991, nella zona di guerra, siano state distrutte moschee, e atti del genere vanno condannati senza riserve. Ritengo tuttavia che le fotografie inviatemi testimonino la distruzione avvenuta 15 anni fa, non 3 mesi fa. Inoltre, il sito di Giulfa nel Nakhichevan non ha mai fatto parte della zona di guerra. A ciò si aggiunge che mi è pervenuta una comunicazione secondo cui le autorità nel Nagorno-Karabakh avrebbero recentemente approvato un progetto per la ricostruzione delle moschee distrutte nel loro territorio.
Ora siamo in un momento critico dei negoziati tra i due presidenti, Kocharian e Aliev, a Rambouillet, in Francia, per la ricerca di una soluzione alla controversia nel Nagorno-Karabakh. Credo dunque che qualsiasi ulteriore atto ipotizzato di distruzione del patrimonio armeno non possa in alcun modo condurre a una pace duratura nella regione.

Sunday, June 6, 2010

Fonte italiana: GENOCIDIO CULTURALE

LA STAMPA

Del 23/1/2006 Sezione: Esteri Pag. 11

La denuncia / I soldati dell’Azerbaijan stanno distruggendo le steli degli antichi cimiteri

Croci armene cancellate dalla storia


ROMA Alla fine giovedi è intervenuto anche il Parlamento europeo per chiedere ufficialmente al governo dell’Azerbaijan «di mettere fine alla demolizione dei cimiteri medievali armeni e delle croci storiche scolpite nella pietra». Le croci sono i khatchkar, pietre-simbolo degli armeni innalzate vicino alle chiese o ai monastery o nei cimiteri. Croci sacre, nel senso che per gli armeni sacra a la stessa pietra, che diventa oggetto di venerazione e di culto. E dunque si trasforma in un sacrilegio la loro distruzione. Soprattutto se accade in un luogo come Giulfa, antica citta armena oggi nell’Azerbaijan, in una regione che si dice sia stata fondata da Noa (si chiama Nakhichevan, colonia di Noa). La citta si trovava sulle rive del fiume Arax, fu potente fincha nel 1605 lo Shah Abbas I costrinse gli armeni a trasferirsi in Persia. Gli armeni andarono e fondarono un grande villaggio che chiamarono Nuova Giulfa. Nel frattempo lo Shah, per impedire il ritorno degli abitanti, fece distruggere la vecchia citta ma non il cimitero con le sue croci medievali. Quello che a accaduto quattro secoli dopo, denuncia il Collectif Van (Vigilanza Armena contro il Negazionismo) a che «dal 10 dicembre alcune decine di soldati azeri, armati di pale, martelli e bulldozer, distruggono questi khatchkar e li buttano nel fiume Arax. Forse bisogna spiegare il silenzio assordante di Onu, Unesco e della Comunita internazionale con la presenza dell’oleodotto Baku-Ceyhan?». Il collettivo francese ha immediatamente lanciato una petizione per avvertire il mondo intero di quanto stava accadendo. Foto, filmati, stanno facendo il giro dei siti delle comunita armene del mondo intero. Ma in questo caso, forse, i numeri sono anche pia efficaci di un’immagine: erano dodicimila le croci, oggi ne restano poche centinaia e in pessimo stato. Il mondo armeno ha reagito moltiplicando l’allarme, chiedendo l’intervento dell’Unesco, mobilitando i governi di Stati Uniti e Inghilterra. A fine dicembre, infatti, i membri del Congresso degli Stati Uniti si sono rivolti al governo dell’Azerbaijan chiedendo la fine delle demolizioni. Secondo quanto riferisce l’ANCA (il comitato nazionale degli armeni d’America), in una dura lettera indirizzata al presidente dell’Azerbaijan, il rappresentante del congresso Adam Schiff ha condannato le azioni azere definendole un’offensiva violazione degli accordi internazionali: «Permettendo, e quindi incoraggiando, questi atti, la repubblica dell’Azerbaijan disonora non solo i morti sepolti al cimitero, ma lo stesso Azerbaijan ed il popolo azero».In Inghilterra la Baronessa Caroline Cox e John Marx hanno presentato un’interpellanza scritta alla Camera dei Lords Britannica chiedendo al governo inglese di esaminare con i rappresentanti dell’Unesco la questione. In Italia la comunitа ha fatto altrettanto parlando chiaramente di «martellate contro la storia».
I giovani della comunità hanno dedicato il loro bollettino quindicinale “Akhtamar on-line” alla vicenda svelando che i soldati in realtà sarebbero “quasi duecento”, che “si sono accaniti contro le poche croci di pietra scampate ai precedenti attacchi”. Troppi per poter considerare la nuova aggressione come l’isolato gesto di qualche sconsiderato”. Martellate contro la storia, dunque, le chiamano, perché “esiste un piano preordinato per giungere alla progressiva eliminazione di ogni traccia armena nell’insediamento cimiteriale persino con l’impiego di vagoni ferroviari sui quali venivano caricate le steli”.
Flavia Amabile

Saturday, June 5, 2010

Fonte russa: Il genocidio culturale dei monumenti armeni continua in Nakhichevan

"Circa 100 militari dell'Azerbaijan sono penetrati nel cimitero armeno vicino a Nakhijevan sulla sponda del fiume Araks e usando martelli e altri attrezzi hanno cominciato a distruggere le tombe e le croci armene, che sono salvate per miracolo negli attacchi di 2002" l'Ambasciata Armena in Iran, citando la Diocesi Armena della provincia iraniana di Atropatena, ha informato la pressa.
Secondo la fonte questo fatto è un altro passo del governo dell'Azerbaijan verso la distorsione e liquidazione delle traccie armene nel territorio di Nakhijevan. Secondo il rapporto dell'ambasciata i monumenti e le tombe armene in questa regione continuano ad essere un soggetto di atti programmati di vandalismo dagli Azerbaijani. Considerando queste azioni i capi spirituali di tre diocesi armene esprimono la loro indignazione e si rivolgono alla communità internazionale, alle instituzioni internazionali come UNESCO per l'aiuto di impedire un altro genocidio culturale da Azerbaijan.
Genocidio culturale

http://www.regnum.ru/english/560850.html


Friday, June 4, 2010

Croci Armene, SOS dal Caucaso

Giovanni Bensi, su Avvenire 12 luglio 2006

Ondata iconoclasta in una terra segnata da guerre e massacri. I "Katchkar", cippi devozionali eretti in aperta campagna, sono stati abbattuti dal governo dell’Azerbaigian. Distrutte 3.000 lapidi. Un film clandestino ha portato il caso al Parlamento europeo. Il governo azero respinge le accuse
Uno degli elementi più caratteristici dell'arte armena antica sono i "khatchkar", letteralmente "croci-pietre" ("khach", croce, "kar" pietra). Si tratta di stele sulle quali sono raffigurati a bassorilievo una croce, con o senza l'effigie di Cristo, fiancheggiata da scene bibliche oppure da preghiere o versetti evangelici in antico armeno: ricordiamo che l'Armenia è stato il primo stato a divenire ufficialmente cristiano, nel 301, 12 anni prima dell'editto di Costantino. I "khatchkar" venivano usati come lapidi tombali, ma più spesso anche come stele votive, come segni di devozione: se ne trovavano decine, soprattutto ai margini di strade e sentieri. Ma il Caucaso, di cui l'Armenia è parte, non è solo un crogiuolo di nazionalità, di lingue (oltre 30) e di religioni: cristianesimo ortodosso (Georgia, Ossezia), monofisita (Armenia), islam sunnita (Nord-Caucaso, con la Cecenia) e sciita (Azerbaigian), ma purtroppo è anche un concentrato di controversie, odii e rivalità storiche di cui gli armeni sono stati assai spesso vittime. In antico essi occupavano una regione più vasta di quella in cui sono concentrati oggi. Al di fuori dell'Armenia essi vivono, per esempio, nel Nagornyj Karabakh, enclave in territorio azerbaigiano, per il quale vi è stata una sanguinosa guerra (per ora congelata).
Ma in antico gli armeni abitavano anche nel Nakhicevan, una regione oggi appartenente all'Azerbaigian, ma separata da esso da territorio armeno. Sono rimaste però importanti tracce dell'antica presenza armena, in particolare le rovine della città di Julfà (o Jugà), distrutta nel 1605 dallo scià di Persia Abbas I che ne deportò gli abitanti, e poi risorta nelle vicinanze come "Nuova Julfà". La città era famosa per i suoi "khatchkar", risalenti al XV-XVI secolo, che ne punteggiavano la periferia e si estendevano lungo la riva del fiume Arasse che segna il confine fra il Nakhicevan (e quindi l'Azerbaigian) con l'Iran. Un vero e proprio museo all'aperto che perfino lo scià Abbas aveva rispettato. Ora però questo tesoro artistico è seriamente minacciato. Il Nakhicevan, assegnato all'Azerbaigian da Lenin (e Stalin, allora commissario alle nazionalità) nel 1922, è il feudo politico della famiglia Aliyev che governa l'Azerbaigian fin dai tempi sovietici con il padre Heyder, già capo del Pc e del Kgb locale, ed ora con il figlio Ilham che ne ha ereditato i modi dittatoriali.
Ilham Aliyev ha deciso di farla finita con l'imbarazzante presenza armena nel Nakhicevan, sia pure solo storica e pietrificata nei "khatchkar". Queste sacre pietre, si è deciso a Bakù, devono scomparire. E così alla fine del 2002 reparti dell'esercito azerbaigiano hanno incominciato a distruggere il vecchio cimitero armeno nella zona di Julfà, compresi i numerosi "khatchkar". Sull'area del cimitero è stato costruito un poligono di tiro. Dei circa 10-12.000 "khatchkar" che esistevano nel XVII secolo ne erano rimasti in piedi solo 3.000 che nel 2002 sono stati quasi totalmente abbattuti: se ne salvarono circa 200, per lo più più gravemente danneggiati. Ma non basta: tra il dicembre 2005 e il gennaio 2006 i militari azerbaigiani, circa 200 uomini, muniti di bulldozer, sono intervenuti di nuovo riducendo in frantumi e spianando le stele che in parte furono gettate nell'Arasse. Questo scempio è stato documentato da un film ripreso clandestinamente da attivisti per la difesa della cultura armena, appostati sulla riva opposta, quelle iraniana, dell'Arasse.
Questa azione ha fatto sì che lo scempio dei "khatchkar", a lungo ignorato dalla comunità internazionale, divenisse di dominio pubblico. Nei mesi scorsi il Parlamento europeo a Strasburgo, per interessamento, in particolare, di Mary-Ann Isler Begin, presidente della Commissione parlamentare per la cooperazione Ue-Armenia, ha adottato una risoluzione, redatta da Charles Tannock, membro britannico della "European Neighborhood Policy", nella quale viene condannata la distruzione dei monumenti armeni nel Nakhicevan. Anche Benit a Ferrero Waldner, commissario europeo per le relazioni estere, ha sottolineato l'importanza di coinvolgere il Sud-Caucaso (Transcaucasia) nella politica di "buon vicinato" europeo, contribuendo ad appianare i conflitti e a favorire il superamento delle tradizionali rivalità della regione. Un portavoce del ministero degli esteri azerbaigiano, Tair Tagizadeh, ha respinto le accuse affermando che il suo paese considera le stele di Julfà "monumenti archeologici", ma, curiosamente, sostiene che non si tratta di monumenti armeni, bensì relativi all'"Albania Caucasica", stato sorto nella regione alla fine del I millenio a. C. e confluito poi nella Persia sassanide.
I vandalismi azeri nel Nakhicevan dovrebbero indurre l'Europa a salvare la cultura armena, da sempre paladina dei valori cristiani nella regione.

Thursday, June 3, 2010

Le azioni talebanesche degli azerbaigiani

La distruzione delle statue di Buddha dai talebani
La globalizzazione non ha funzionato per l'ultima meraviglia degli armeni. Nel 2001 le telecamere avevano documentato lo scempio dei Buddha a Bamiyan, quando il regime dei talebani in Afghanistan fece a pezzi con la dinamite i celebri colossi ricavati nella pietra, tanto cari a generazioni di viaggiatori intraprendenti, Chatwin compreso. Stavolta, invece, non ci sono immagini con cui scandalizzarsi e pennacchi di fumo davanti a cui piangere lacrime di rabbia. La distruzione di una delle perle archeologiche del Caucaso è avvenuta a obiettivi spenti e, quindi, è destinata a galleggiare nel limbo degli eventi di serie B, quelli che non appassionano quasi nessuno: l'immensa collezione a cielo aperto di antiche e antichissime lapidi che componeva il cimitero di Djulfa non esiste più.
La distruzione del cimitero armeno di Giugha dagli azerbaigiani
L'ha preso a picconate e disperso un battaglione di soldati azeri, che si sono scatenati sulla collina quasi metafisica di una regione dove, tradizionalmente, i media non arrivano: il Nakhichevan è la desolata enclave dell'Azerbaijan immersa tra l'Armenia e l'Iran, non lontana da un'altra area (questa invece molto chiacchierata) che è il Nagorno-Karabakh, insanguinata da una guerra che ha provocato 30 mila morti e un milione di profughi. Dove c'erano da oltre un millennio le khachkars, innalzate tra l'VIII e il XVI secolo, incise con poetiche immagini di fiori e di animali, dediche malinconiche e tantissime croci cristiane, illuminate dai bagliori quasi rosa, giallognoli, grigi e neri delle pietre levigate dai venti e dalle piogge, resta ora un terreno irregolare e assolutamente brullo. Così - nonostante le imbarazzate smentite del presidente musulmano Aliyev - gli azeri hanno cancellato il più grande cimitero armeno al mondo e, insieme, la testimonianza unica (e mai davvero studiata) di una città (Djulfa) che aveva prosperato per millenni lungo i sentieri della Via della Seta e delle Spezie tra il cuore dell'Asia e le rive del Mediterraneo, finché nel 1604 la comunità fu catturata in massa dallo Scià Abbas e deportata in Iran, a Ishfahan.
Le lapidi, però, sopravvissero miracolosamente, epoca dopo epoca, come "reggimenti schierati in battaglia", secondo le parole dell'avventuriero inglese dell'Ottocento William Ouseley. Nonostante l'abbandono, i furti, i vandalismi e la costruzione nella zona della ferrovia con Erevan, 2 mila pietre, delle originarie 10 mila, si potevano vedere ancora nel 2005. Poi è scattata la distruzione finale. Ora, sei mesi dopo il raid, le conferme definitive sono arrivate dall'"Institute for War and Peace Reporting" di Londra e dal rapporto dell'archeologo Adam T. Smith dell'università di Chicago. Lui non ha ricevuto risposta all'appello lanciato alla comunità internazionale e nemmeno la mobilitazione dell'"Armenian Committee of America" ha avuto successo. L'assenza delle telecamere continua a farsi sentire.

Wednesday, June 2, 2010

La reazione del Parlamento Europeo al genocidio della cultura armena

La discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian
Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Marios Matsakis

Signor Presidente, la distruzione e la profanazione di un cimitero da parte di chiunque, in qualsiasi luogo, è un atto di barbarie. Se poi tale cimitero è anche un monumento di particolare rilevanza archeologica, allora fa pure parte del nostro patrimonio internazionale comune e la sua distruzione rappresenta anche un crimine contro l’umanità.
Il cimitero armeno di Giulfa è un cimitero cristiano di eccezionale importanza storica e culturale. Negli ultimi anni, ignorando il risentimento internazionale, i governi azerbaigiani, per atto di omissione o, più probabilmente, di commissione, si sono resi responsabili della distruzione sistematica di tale monumento. Si ritiene che gli autori effettivi di tale atto esecrabile siano forze azerbaigiane e civili fanatici islamici.
E’ assolutamente inaccettabile che l’ambasciatore azerbaigiano a Bruxelles abbia recentemente inviato messaggi di posta elettronica a europarlamentari attaccando personalmente con veemenza uno degli autori della presente risoluzione e cercando di denigrare e insultare l’integrità e la saggezza di questo Parlamento.
Vi esorto caldamente a votare a favore della risoluzione trasmettendo in tal modo un messaggio molto chiaro in merito ai nostri sentimenti di preoccupazione e riprovazione al governo dell’Azerbaigian per la distruzione del cimitero di Giulfa.

Sunday, May 30, 2010

JUGHA ARMENA (II parte)

JUGHA ARMENA (I parte)

Bulldozer all'opera, cristianesimo in frantumi

Antonia Arslan, su Avvenire 12 luglio 2006

I simboli della Passione segnavano il paesaggio abitato dagli armeni, come chiese all'aperto o luoghi di memoria. Un nuovo genocidio è in atto per cancellarli
C'è qualcosa di lugubre e di osceno nelle fotografie della distruzione delle croci, come se guardando quelle immagini fossimo investiti direttamente - e concretamente - dal vento di follia che spira in tutta l'Europa, un vento che si abbatte furioso contro il cristianesimo e contro i suoi simboli, fino a certe prese di posizione ridicole, da gioco delle parti in una triste Commedia dell'Arte, che mai oserebbero essere rivolte verso i simboli o le prescrizioni di altre religioni, come per esempio l'uso musulmano di sgranare i rosari d'ambra o l'obbligo di togliersi le scarpe entrando in una moschea.
Mio nonno, il patriarca Yerwant, ne aveva uno, di questi, e lo usava spesso, sgranando i grani dagli opachi bagliori giallastri con movimenti attraverso i quali noi bambini sapevamo interpretare benissimo il suo umore, e spesso ce ne raccontava l'uso. Mai lo avrebbe usato impropriamente, o ce lo avrebbe dato in mano per giocarci. Lo trattava con lo stesso rispetto con cui maneggiava il bellissimo libro di preghiere in caratteri armeni che teneva sul comodino, proibitissimo alle nostre dita, o i tanti ricordi dei suoi malati che conservava invece in un suo cassettino segreto, alcuni francamente ingenui, simili a goffi ex-voto, ma che ci lasciava soltanto ammirare di lontano, perché - diceva - erano il simbolo del cuore dei donatori.
Il simbolo della croce di Cristo pervade e connota il paesaggio urbano dell'Europa intera, interpretato nei modi e nelle forme più diverse, dai più grandi artisti ai più umili scalpellini, e il panorama delle nostre città sarebbe irriconoscibile senza di esso, come quello delle grandi città del Medio Oriente se fossero private dei loro minareti. Ma le croci armene, i "khatchkar", non stanno sulle cime dei campanili, non svettano alte e orgogliose: si allineano dovunque hanno abitato gli armeni, l'una appresso all'altra, come a farsi compagnia e coraggio, ai bordi dei campi e lungo le rive dei fiumi, o a centinaia nei luoghi del ricordo: queste spoglie pietre rettangolari, secolo dopo secolo piantate nella terra e scolpite con la croce, accompagnata spesso da iscrizioni o da sculture di fiori e frutta, sono il simbolo della vita che sorge dalla morte e della Resurrezione di Cristo.
Non sono pietre tombali, non sempre; sono ricordi carichi di storia, segni che identificano un paesaggio come abitato dagli armeni, coltivato da loro, disseminato dei simboli della loro antichissima fede. I campi di "khatchkar" sono luoghi di suggestione infinita, come chiese all'aperto, dove si rammemora e si innalzano preghiere come canti, non per una singola persona ma per l'intero popolo dei morti, di coloro che sono andati avanti sulla strada di Dio.
Gridano le migliaia di antichissime croci di pietra distrutte coi bulldozer nel Nakhicevan, e da ogni frammento si alza il lamento di una civiltà distrutta; e guardano atterriti gli armeni, dovunque la dura legge della diaspora li abbia disseminati, l'irriconoscibile spianata disseminata di irriconoscibili frantumi.

Al genocidio del sangue segue il genocidio della memoria.

http://www.internetica.it/CrociArmene-scempio.htm