Delicta iuris gentium

Raphael Lemkin

Sunday, June 6, 2010

Fonte italiana: GENOCIDIO CULTURALE

LA STAMPA

Del 23/1/2006 Sezione: Esteri Pag. 11

La denuncia / I soldati dell’Azerbaijan stanno distruggendo le steli degli antichi cimiteri

Croci armene cancellate dalla storia


ROMA Alla fine giovedi è intervenuto anche il Parlamento europeo per chiedere ufficialmente al governo dell’Azerbaijan «di mettere fine alla demolizione dei cimiteri medievali armeni e delle croci storiche scolpite nella pietra». Le croci sono i khatchkar, pietre-simbolo degli armeni innalzate vicino alle chiese o ai monastery o nei cimiteri. Croci sacre, nel senso che per gli armeni sacra a la stessa pietra, che diventa oggetto di venerazione e di culto. E dunque si trasforma in un sacrilegio la loro distruzione. Soprattutto se accade in un luogo come Giulfa, antica citta armena oggi nell’Azerbaijan, in una regione che si dice sia stata fondata da Noa (si chiama Nakhichevan, colonia di Noa). La citta si trovava sulle rive del fiume Arax, fu potente fincha nel 1605 lo Shah Abbas I costrinse gli armeni a trasferirsi in Persia. Gli armeni andarono e fondarono un grande villaggio che chiamarono Nuova Giulfa. Nel frattempo lo Shah, per impedire il ritorno degli abitanti, fece distruggere la vecchia citta ma non il cimitero con le sue croci medievali. Quello che a accaduto quattro secoli dopo, denuncia il Collectif Van (Vigilanza Armena contro il Negazionismo) a che «dal 10 dicembre alcune decine di soldati azeri, armati di pale, martelli e bulldozer, distruggono questi khatchkar e li buttano nel fiume Arax. Forse bisogna spiegare il silenzio assordante di Onu, Unesco e della Comunita internazionale con la presenza dell’oleodotto Baku-Ceyhan?». Il collettivo francese ha immediatamente lanciato una petizione per avvertire il mondo intero di quanto stava accadendo. Foto, filmati, stanno facendo il giro dei siti delle comunita armene del mondo intero. Ma in questo caso, forse, i numeri sono anche pia efficaci di un’immagine: erano dodicimila le croci, oggi ne restano poche centinaia e in pessimo stato. Il mondo armeno ha reagito moltiplicando l’allarme, chiedendo l’intervento dell’Unesco, mobilitando i governi di Stati Uniti e Inghilterra. A fine dicembre, infatti, i membri del Congresso degli Stati Uniti si sono rivolti al governo dell’Azerbaijan chiedendo la fine delle demolizioni. Secondo quanto riferisce l’ANCA (il comitato nazionale degli armeni d’America), in una dura lettera indirizzata al presidente dell’Azerbaijan, il rappresentante del congresso Adam Schiff ha condannato le azioni azere definendole un’offensiva violazione degli accordi internazionali: «Permettendo, e quindi incoraggiando, questi atti, la repubblica dell’Azerbaijan disonora non solo i morti sepolti al cimitero, ma lo stesso Azerbaijan ed il popolo azero».In Inghilterra la Baronessa Caroline Cox e John Marx hanno presentato un’interpellanza scritta alla Camera dei Lords Britannica chiedendo al governo inglese di esaminare con i rappresentanti dell’Unesco la questione. In Italia la comunitа ha fatto altrettanto parlando chiaramente di «martellate contro la storia».
I giovani della comunità hanno dedicato il loro bollettino quindicinale “Akhtamar on-line” alla vicenda svelando che i soldati in realtà sarebbero “quasi duecento”, che “si sono accaniti contro le poche croci di pietra scampate ai precedenti attacchi”. Troppi per poter considerare la nuova aggressione come l’isolato gesto di qualche sconsiderato”. Martellate contro la storia, dunque, le chiamano, perché “esiste un piano preordinato per giungere alla progressiva eliminazione di ogni traccia armena nell’insediamento cimiteriale persino con l’impiego di vagoni ferroviari sui quali venivano caricate le steli”.
Flavia Amabile

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